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Aprire Partita Iva: costi e spese deducibili

Quando si valuta l’idea di aprire Partita Iva, costi e spese deducibili sono gli elementi oggetto di maggiore attenzione. Le domande sono sempre le stesse: quanto costa la partita iva? Per esercitare, meglio ritenuta d’acconto o Partita Iva? E nel secondo caso, quali sono le spese deducibili?

Ecco una serie di informazioni utili per te che stai pensando di metterti in proprio.

Cos’è la Partita Iva

Necessaria per svolgere attività d’impresa sul territorio italiano, la Partita Iva non è altro che una serie di 11 cifre componenti l’identità di un’azienda (chi è il titolare dell’attività? qual è il tipo di attività esercitata? qual è il suo domicilio?). Serve per dichiarare i guadagni, versare i contributi e le imposte, ed è obbligatoria per tutti coloro che esercitano una professione in modo continuativo.

Partita Iva o ritenuta d’acconto?

La ritenuta d’acconto è un’alternativa alla Partita Iva, una trattenuta del 20% sui compensi del professionista esercitata dal committente, che così diventa sostituto d’imposta. Più nello specifico, si tratta di un acconto sulle tasse, quindi è possibile che al momento della dichiarazione dei propri compensi il professionista dovrà effettuare un versamento supplementare per completare il pagamento.

Allora cosa conviene fare? Aprire Partita Iva o ritenuta d’acconto?

Dipende dal caso: la ritenuta d’acconto presenta dei limiti funzionali e burocratici, come ad esempio la consegna della CU dal committente al professionista e la possibilità di effettuare una sola prestazione all’anno di massimo 30 giorni. Quindi, se sai già di dover svolgere una seconda prestazione nell’arco di 365 giorni, dovrai aprire Partita Iva. In caso contrario, potrai affidarti alla ritenuta d’acconto.

Quando scatta l’obbligo di aprire Partita Iva?

Vi è la falsa credenza che sia possibile approfittare della ritenuta d’acconto fino al raggiungimento di 5.000 euro di fatturato. In realtà, questa informazione è errata. È possibile fatturare più di 5.000 euro, purché questi compensi siano riconducibili ad una sola prestazione svolta nell’arco temporale di massimo 30 giorni. Dunque, l’obbligo di aprire Partita Iva scatta nel momento in cui si manifesta la necessità di eseguire una seconda prestazione professionale.

Partita Iva: come aprirla e quanto costa

Ma come aprire Partita Iva? E quanto costa?

Partiamo subito col dire che aprire Partita Iva è completamente gratuito. Basterà infatti collegarsi al Sito di Agenzia delle Entrate e comunicare entro 30 giorni l’inizio della nuova attività: le società dovranno usare il modello AA7/10; le imprese individuali e i lavoratori autonomi dovranno presentare il modello AA9/12.

In ogni caso, per aprire una ditta individuale o una società (spa, srl o srls), è meglio evitare il fai-da-te e rivolgersi a un professionista. Perché?

  1. Alla Partita Iva va associato un Codice ATECO che deve rappresentare in modo corretto la natura dell’attività
  2. Va scelto un Regime Fiscale (forfettario, ordinario o semplificato) dal quale dipenderanno tassazione e costi di portata della contabilità

Spese deducibili: cosa può scaricare una Partita Iva?

Una Partita Iva può scaricare:

  • In regime forfettario: il 100% di contributi previdenziali e alcuni costi in maniera forfettaria (al codice ATECO dell’attività è abbinato un coefficiente di redditività che stabilisce la percentuale di spese deducibili).
  • In regime ordinario o semplificato: i contributi previdenziali e il 100% di spese documentate, riconducibili all’attività esercitata, proporzionate alle dimensioni aziendali e alle esigenze promozionali; il 50% delle spese promiscue (ovvero le spese riconducibili sia a scopi aziendali che personali).

Facciamo degli esempi:

  • Hai una Partita Iva in regime forfettario e sei iscritto alla gestione separata INPS: Supponiamo che tu abbia fatturato 10.000 euro e che il coefficiente di redditività abbinato al tuo codice ATECO sia del 22%. Avrai una base imponibile di 7.800 euro (formula: 10.000 – 22 : 100). Sulla base delle 7.800 euro, verserai il 25,72% dei contributi previdenziali, ovvero 2.006,16 euro (formula: 7.800 x 25,72 : 100). Queste 2.006,16 euro, potrai dedurle per intero dal reddito imponibile e dunque dichiarare ricavi per 5793,84 euro (formula: 7.800 – 2.006,16).
  • Hai una Partita Iva in regime ordinario o semplificato: in questo caso non abbiamo un coefficiente di redditività abbinato al codice ATECO, ma costi fissi come l’IVA in fattura (del 4%, 10% o 22%, in base ai prodotti), L’IRAP (di minimo il 3,9% e al quale le Regioni possono aggiungere fino allo 0.92%), l’IRPEF se sei registrato come persona fisica (in misura variabile dal 23% al 41% in base al fatturato) o l’IRES (24%) se sei registrato come società. Tutti questi costi e i contributi previdenziali, sono detraibili al 100% dalla base imponibile.

Tuttavia, chi ha Partita Iva in regime ordinario può scaricare anche una serie di altri costi, purché questi siano allineati con il principio di inerenza dell’art.164 del DPR 917/86: un costo è inerente solo se è riferibile all’attività dell’impresa, se tiene conto delle sue dimensioni e delle sue esigenze promozionali, se si può escludere l’utilità privata per l’imprenditore o per il socio di una società e se risponde ai criteri di ragionevolezza, ovvero è coerente con le pratiche commerciali di settore.

Per esempio:

  • Il carburante è interamente deducibile per un taxista o un agente di commercio in quanto senza il carburante questi non possono svolgere la propria attività; parzialmente deducibile per un professionista in quanto ad uso promiscuo.
  • Le spese per la telefonia sono spesso considerate a uso promiscuo e quindi sono deducibili in percentuale a seconda del tipo di attività che si svolge, seguendo una tabella specifica che varia da attività ad attività.
  • I costi di manutenzione, di vitto e alloggio e degli omaggi sono spesso deducibili al 100% nell’anno di pagamento, purché strettamente inerenti l’attività svolta.
  • Gli omaggi sono deducibili per l’intero importo, sempre che siano spese inerenti.
  • Le spese di rappresentanza sono deducibili nei limiti del plafond di congruità previsto dal Decreto Ministeriale del 19/11/2008 (circolare 34/2009), nei limiti dell’1,3% dei ricavi, purché adeguate rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico, oppure, in alternativa, coerenti con le pratiche commerciali di settore.

Questo basta per comprendere che non è possibile stilare una lista di spese deducibili puntuale e precisa, ma è necessario valutare caso per caso, facendo riferimento alla legge e al business aziendale.

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